Secondo l’aggiornamento dello studio “Coronado”, 1 diabetico su 5, in caso di contagio dal Covid, rischia di morire entro 28 giorni dal ricovero
La co-morbilità, la compresenza di più patologie, aumenta notevolmente la probabilità di esiti infausti in caso di contagio dal Covid: diversi studi, ad esempio, evidenziano che il 10% dei diabetici infettati dal Coronavirus è deceduto entro sette giorni dal ricovero in ospedale. Questi risultati preliminari, emersi nell’ambito dello studio CORONADO (Coronavirus Sars-Cov-2 e Diabetes Outcome), sono stati aggiornati alla luce delle risultanze di una ricerca condotta su un campione di pazienti più ampio e a 28 giorni dal loro ricovero in ospedale. L’indagine, che ha coinvolto 68 centri francesi e un totale di 2.796 pazienti diabetici ricoverati in ospedale per Covid-19 tra il 10 marzo e il 10 aprile 2020, ha evidenziato che un paziente su cinque è deceduto entro 28 giorni.
LEGGI ANCHE –> Covid, mutazione nota come D614G lo ha reso 8 volte più contagioso
Covid, 1 malato su 5 rischia di morire entro 28 giorni dal ricovero in ospedale.
Nel dettaglio, come riportato dal portale fanpage.it, quasi due terzi dei pazienti ricoverati (64%) erano uomini, con un’età media di 70 anni, un indice di massa corporea (BMI) di 28,4 kg/m2 (indice di sovrappeso), con complicanze diabetiche microvascolari e macrovascolari che sono state riscontrate rispettivamente nel 44% e 39% dei casi. Più della metà dei pazienti (52,1%) è stato dimesso entro 28 giorni dal ricovero, con una durata media della degenza di 9 giorni. Dei restanti, il 12% è rimasto ricoverato, il 17% è stato trasferito in una struttura diversa da quella del ricovero iniziale mentre il 21% è deceduto. L’analisi statistica dei dati, inoltre, ha indicato che fattori come l’età più giovane, la compensazione farmacologica del diabete tramite la metformina e una durata prolungata dei sintomi al momento del ricovero erano associati a una maggiore possibilità di dimissione dall’ospedale. Per contro, complicanze microvascolari nell’anamnesi, terapia anticoagulante, apnea, livelli anormali di enzimi epatici, numero dei globuli bianchi e livelli della proteina C-reattiva del marker infiammatorio sistemico più alti, sempre al momento del ricovero, erano correlati a una minore possibilità di dimissione e di conseguenza a un maggior rischio di morte.
LEGGI ANCHE –> Covid, ecco come riconoscere i sintomi della variante inglese
Infine, i pazienti che assumevano regolarmente insulina hanno mostrato un rischio di morte del 44% più alto rispetto a quelli non trattati con insulina. Lo studio ha anche messo in luce che il controllo della glicemia a lungo termine, mediante il monitoraggio dell’emoglobina glicata (HbA1c), non ha avuto un’incidenza nel preconizzare il destino dei pazienti COVID-19 non mostrando alcun nesso significativo con il rischio di morte o con la dimissione entro 28 giorni. Al contrario, un aumento del livello di glucosio plasmatico al momento del ricovero era un attendibile indice predittivo di morte e, di conseguenza, di una minore possibilità di dimissione. “L’identificazione di variabili favorevoli associate alla dimissione ospedaliera e variabili sfavorevoli associate alla mortalità può portare alla riclassificazione del paziente – concludono i ricercatori – Questo può aiutare a utilizzare le risorse in modo adeguato in base al profilo del singolo paziente”.