Bar e ristoranti: perché sono vengono considerati luoghi a maggior rischio di contagio

Una ricerca pubblicata su Jama spiega il motivo per cui bar e ristoranti sarebbero i posti dal più elevato rischio contagio da Covid

Bar ristoranti rischio contagio Covid
(Pixabay.com)

Ci si chiede spesso perché misure di contenimento dei contagi da Covid riguardino luoghi pubblici specifici come bar e ristoranti, mentre altre attività vengano meno interessate da provvedimenti restrittivi da parte del Governo. Ebbene un motivo di carattere scientifico dietro a simili decisioni esisterebbe.

A spiegarlo è, ad esempio, uno studio da parte del Covid-19 Response team dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) negli Stati Uniti. Questa ricerca, pubblicata su Jama, rivela perché in simili contesti vi sia un più alto rischio di trasmissione del Coronavirus rispetto ad altri. A poter essere determinante per un possibile contagio sono il fatto di essere in “spazi interni scarsamente ventilati” nonché “una durata prolungata del contatto ravvicinato“.

Inoltre viene anche confermato che “il contatto ravvicinato con una persona nota per essere infettata da SARS-CoV-2 rimane uno dei più forti predittori di un risultato positivo per l’infezione“. È dunque importante il tracciamento dei contatti precedenti al fine di “identificare le fonti di infezione a monte, inclusi potenziali eventi di superdiffusione“.

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In questo studio è stato effettuato un sondaggio telefonico su “314 adulti in 10 stati per confrontare esposizioni e comportamenti tra pazienti sintomatici i cui risultati del test erano positivi per SARS-CoV-2 e un gruppo di controllo di individui valutati per SARS-CoV-2 i cui risultati del test erano negativi“.

Ebbene il risultato di questa indagine è che vi era “un’associazione tra infezione da SARS-CoV-2” e il fatto di “cenare in ristoranti e andare in bar o caffetterie“.

Ad accomunare questi casi sarebbe l’incompatibilità di queste attività “con l’uso continuo della mascherina quando si mangia o si beve“. Ciò comporterebbe così “un’esposizione prolungata e intensa ad altri che potrebbero essere infetti e potenzialmente asintomatici” e la difficoltà a “mantenere distanze di sicurezza“.

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