Dopo la sospensione, in via precauzionale, del vaccino anti Covid di AstraZeneca, gli esperti chiariscono in cosa il vaccino di Oxford differisce dagli altri.
Da ieri anche Italia, Germania e Francia hanno dato lo stop al vaccino anti Covid di AstraZeneca. Già Danimarca, Norvegia e Islanda avevano deciso di sospenderne la somministrazione in seguito a gravi reazioni allergiche riscontrate. Nel nostro Paese si sono registrati diversi decessi a stretto giro con l’iniezione del farmaco anglo svedese. Per quanto, per il momento, non sia stato dimostrato alcun nesso di causa-effetto tra le morti e il vaccino, l’Agenzia italiana del Farmaco ha preferito mettere le mani avanti e attendere che l’Ema svolga i dovuti accertamenti prima di procedere. Anche in Gran Bretagna sono morte ben 275 persone che erano state vaccinate con AstraZeneca. Questo potrebbe indurre a pensare che non si tratti semplicemente di uno o due lotti difettosi ma che il problema sia da ricercare all’origine, cioè nella formulazione stessa del farmaco.
Ma in cosa differisce AstraZeneca dai concorrenti Pfizer e Moderna? Il vaccino sviluppato da AstraZeneca, in collaborazione con l’università di Oxford – spiega il Corriere della Sera – è arrivato in Italia il 29 gennaio dopo aver ottenuto il via libera dall’Ema e dall’Aifa. Indicato, dapprima per soggetti di età compresa tra i 18 e i 55 anni, in un secondo momento è stata approvata la somministrazione anche sugli anziani. La principale caratteristica che distingue AstraZeneca dai vaccini di Pfizer-BioNTech e Moderna – a Rna messaggero – consiste nel fatto che il vaccino anglo svedese si basa su un vettore virale non-replicativo. AstraZeneca cioè utilizza un virus innocuo per l’uomo che trasporta nelle cellule umane il codice genetico delle proteine del virus contro le quali si vuole innescare la produzione di anticorpi.
Il secondo importante distinguo riguarda la conservazione: mentre Pfizer e Moderna richiedono temperature bassissime, AstraZeneca si conserva ad una temperatura compresa tra i 2 e gli 8 gradi. Terza differenza: l’arco temporale tra la somministrazione della prima dose e la seconda. Il vaccino di Oxford richiede due iniezioni intramuscolari distanziate di almeno 10- 12 settimane l’una dall’altra e la protezione indotta inizia a partire da circa tre settimane dopo la prima dose.
Pfizer, invece, necessita di un arco temporale più ampio tra le due iniezioni: almeno tre settimane. Per Moderna servono non meno di 28 giorni. L’efficacia del vaccino di AstraZeneca dopo due dosi arriva fino all’82,4% ma, tuttavia, non è ancora noto quanto può durare la protezione indotta. E’ noto, invece che, entro la quarta settimana dopo la prima dose, il rischio di ospedalizzazione causa Covid può scendere fino all’85%.
I segnali da non sottovalutare
Tra i possibili effetti collaterali gravi di AstraZeneca è stato riscontrato un abbassamento del livello delle piastrine e alcune gravi allergie. Mentre possibili effetti collaterali lievi consistono in febbre, mal di testa e dolori muscolari o articolari. Ci sono segnali a cui bisogna prestare particolare attenzione. L’ Autorità per i medicinali danese – riferisce la Repubblica – ha invitato i soggetti vaccinati con AstraZeneca a non sottovalutare la comparsa di macchie rosse sulla pelle o sanguinamenti che faticano a interrompersi. I sintomi indicati, infatti, potrebbero essere la spia della carenza di piastrine: una delle possibili conseguenze gravi riscontrate nelle persone che si sono sentite male o sono decedute in Norvegia, Germania e Danimarca dopo aver ricevuto il vaccino di Oxford.
Mentre è del tutto normale – puntualizza l’Autorità danese – avere mal di testa, febbre, dolore a ossa e muscoli, brividi e rossore nel punto dell’iniezione fino a un paio di giorni dopo la vaccinazione. Questi sono tutti segni della reazione del sistema immunitario. Bisogna, al contrario, contattare immediatamente il medico in caso di mal di stomaco persistente, difficoltà di respirazione, paralisi di un lato del corpo o una gamba che diventa fredda. Per il momento questi effetti sembrano aver colpito maggiormente le donne rispetto agli uomini.