“Non esiste l’obbligo di dire la verità”: con questa motivazione il Gup ha assolto un 24enne dall’accusa di falso per aver mentito nell’autocertificazione
Una sentenza destinata a fare giurisprudenza, oltre a sollevare polemiche, quella emanata dal Gup del Tribunale di Milano, Alessandra Del Corvo, che, al termine del processo con rito abbreviato, accogliendo la richiesta della Procura della Repubblica, ha assolto un 24enne di Milano dall’accusa di falso per aver mentito dichiarando nell’autocertificazione che stava tornando a casa dal lavoro durante un controllo a Milano nel marzo dello scorso anno durante il lockdown. E ciò perché “un simile obbligo di riferire la verità non è previsto da alcuna norma di legge“ e, anche se ci fosse, sarebbe “in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo“, sancito dalla Costituzione. Per il Gup, si legge nella sentenza, “è evidente come non sussista alcun obbligo giuridico, per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate, di “dire la verità” sui fatti oggetto dell’autodichiarazione sottoscritta proprio perché non è rinvenibile nel sistema una norma giuridica“. Il giovane, difeso dall’avvocato Maria Erika Chiusolo, aveva dichiarato di lavorare in un negozio e che in quel momento stava rientrando a casa.
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Il Gup: “Nell’autocertificazione c’è un problema di diritto”
Versione dei fatti, però, smentita dal titolare del negozio che, contattato da un agente, aveva dichiarato che il giovane quel giorno non era di turno. Tuttavia, per il Gup non solo c’è un vuoto legislativo riguardo all’obbligo di non dichiarare il falso nelle autocertificazioni, così come di presentare autocertificazioni in simili situazioni, ma è anche incostituzionale sanzionare penalmente “le false dichiarazioni di chi ha scelto “legittimamente di mentire per non incorrere in sanzioni penali o amministrative“. Ragion per cui il 24enne, come chiunque altro sottoposto a controlli di questo genere con esibizione di autodichiarazioni, non può trovarsi “di fronte all’alternativa di scegliere tra riferire il falso, al fine di non subire conseguenze“, venendo poi comunque “assoggettato a sanzione penale” per falso ideologico del privato in atto pubblico, e “riferire il vero nella consapevolezza di poter essere sottoposto a indagini per il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità“.
Questa alternativa, precisa il Gup, “contrasta con il diritto di difesa“ della persona. Altrimenti, si dovrebbe sostenere che “il privato sia obbligato a dire il vero nell’autodichiarazione pur sapendo che ciò potrebbe comportare la sua sottoposizione a indagini per un reato penale o sanzioni amministrative pecuniarie“. Inoltre, il Gup osserva anche come nei casi delle autocertificazioni per l’emergenza Covid “il controllo successivo sulla veridicità di quanto dichiarato dai privati è solo eventuale e non necessario da parte della pubblica amministrazione” e, dunque, tanti presunti atti falsi possono non essere sanzionati.
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