Sentenza innovativa per il suicidio di Arianna Flagiello: morte come conseguenza di maltrattamenti. Condannato a 19 anni l’ex compagno
Si suicidò per difendersi da un rapporto malato, caratterizzato dalle minacce e dalle violenze fisiche e psicologiche, e per sfuggire a chi diceva di amarla e che invece aveva trasformato la sua esistenza in un inferno quotidiano. E ora Mario Perrotta è stato condannato in secondo grado – quinta sezione di Corte di Assise d’Appello del Tribunale di Napoli, Presidente Rosa Romano, a latere Taddeo – a 19 anni di reclusione in quanto è stato riconosciuto responsabile della morte della sua ex convivente Arianna Flagiello. Un verdetto tutt’altro che scontato, innovativo e coraggioso: morte come come conseguenza di maltrattamento, quindi Arianna è stata istigata a uccidersi per evadere da un contesto inquinato dal terrore e dalla violenza. Al culmine dell’ennesimo litigio, iniziato nell’abitazione della madre di Arianna, quest’ultima si rifugia nella propria, qualche piano più in alto dello stesso edificio, dove viene raggiunta dal compagno; seguono minuti di concitazione: le urla di lui, la disperazione di lei; poi Arianna, inseguita dalle urla di lui, apre il balcone e decide di farla finita, con le angherie e con la sua stessa esistenza. Decisive le testimonianze della madre Angiola Donadio, (parte civile, assistita dagli avvocati Pinchi Coppola e Marco Imbimbo), della sorella Valentina, delle colleghe di lavoro di Arianna e degli stessi amici della coppia ma un ruolo cruciale lo hanno avuto anche i messaggi enucleati dal cellulare della donna che descrivono il disperato tentativo di Arianna di riaffermare la propria dignità di persona in un clima di pressioni psicologiche.
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“Nulla potrà mai restituirmi il sorriso di mia sorella”
Comprensibile la commozione in Aula alla lettura del dispositivo. “Nulla potrà mai restituirmi il sorriso di mia sorella, ma il verdetto di oggi conferma il dramma vissuto da Arianna. Una sentenza, per quanto esemplare, non ti restituisce la persona amata, ma può rappresentare un esempio per spingere chi subisce un torto a rivolgersi alle forze dell’ordine e alla giustizia. Ci auguriamo che la sentenza diventi presto definitiva ed esecutiva in modo da rappresentare un faro per chiunque non abbia il coraggio di denunciare maltrattamenti e vessazioni“, ha commentato Valentina Flagiello.
Le ha fatto eco la madre Angiola Donadio: “Nessuno può restituirmi mia figlia, ma è consolatorio, per una madre e per una famiglia intera, avere avuto giustizia“.
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