Covid, terapie piene, il Primario: “Posto in intensiva solo a chi ha chance di uscirne”

Denuncia shock del Primario del Centro Covid dell’Ospedale “San Paolo-Fatebenefratelli” di Roma: “Posto in intensiva solo a chi ha chance di uscirne”

(Getty Images)

Agghiacciante lo scenario descritto da Simone Bianconi, pneumologo, Direttore del Centro Covid dell’Ospedale “San Pietro-Fatebenefratelli” di Roma: “Un mese fa avevamo posti a iosa. Ora siamo pieni” al punto tale che quando arrivano i pazienti bisogna decidere a chi lasciare il posto in terapia intensiva. E’ successo appena pochi giorni fa con donna di 94 anni, contagiata dagli operatori no-vax nella casa di riposo di Fiano Romano. “Di fatto, si fanno delle scelte – ha puntualizzato Bianconi – A quella età le possibilità che tu possa uscire da una gravissima insufficienza respiratoria sono bassissime. Noi la terapia intensiva la riserviamo alle persone che possono avere una chance di uscirne“. Tuttavia, nell’intervista concessa al portale leggo.it, il Dr. Bianconi ha spiegato che per decidere chi far accedere alla terapia intensiva non viene preso in considerazione solo il fattore anagrafico: “No, decidiamo caso per caso, non è una questione meramente anagrafica. Certo, un ultra-novantenne è veramente anziano. Un soggetto più giovane può avere delle possibilità. Sia chiaro: non è che una persona molto anziana col Covid sia destinata al decesso, ma lo deve avere in una forma lieve, simile a un raffreddore. Se sviluppa una polmonite con un’insufficienza respiratoria grave, le possibilità sono scarsissime. Per un paziente di 90 anni o più, è anche una questione di eticità: portarlo in terapia intensiva significa sedarlo e far sì che il respiratore sostituisca il suo apparato respiratorio. Poi tornare indietro è molto difficile“.

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“Non siamo riusciti ad assumere”

Il Dr. Bianconi ha poi confermato che la situazione è resa ancora più critica dalla penuria di rianimatori e di anestesisti nei reparti: “Noi abbiamo dovuto sottrarre il personale della rianimazione alle attività ordinarie chiudendo le sale operatorie che ormai restano attive soltanto per le urgenze o per i tumori. Tutto il resto è stato chiuso. Non siamo riusciti a fare assunzioni“. Un deficit di camici bianchi proprio nel momento in cui si registra un aumento costante dei posti letto: “La crescita dei posti letto è costante, ma ora siamo pieni. Ogni giorno dobbiamo dimettere pazienti per creare spazio. È un equilibrio molto delicato, molto sottile. Se penso a 30 giorni fa, avevamo posti in abbondanza. Ora siamo saturi. Siamo a 52, ma eravamo partiti da 20 quando abbiamo aperto, a marzo di un anno fa. Sono 40 letti nel reparto Covid ordinario, più 4 posti di terapia intensiva e altri 8 in sub-intensiva“.

Unico aspetto incoraggiante il fatto che attualmente i malati più gravi sono quelli ricoverati 2-3 settimane fa, cioè prima dell’ulteriore stretta impressa dal governo: “I vaccini stanno funzionando, oggi ricoveriamo pochi ultra-ottantenni, mentre a marzo e ad aprile 2020 erano la maggioranza, quasi tutti dalle Rsa. Ma per quanto riguarda la pressione ospedaliera, ancora non beneficiamo dell’effetto della campagna di vaccinazione. Abbiamo ancora tanti ricoveri anche se l’età media si è molto abbassata. Oggi la maggior parte ha intorno ai 50-60 anni. C’è chi finisce in terapia intensiva anche a 52. Prima era molto più raro. Tanti guariscono. Ne cito uno: Alessandro, 55 anni, operaio. Quando è arrivato qui, di fatto, non aveva più i polmoni. L’abbiamo intubato, abbiamo trovato anche altre infezioni batteriche. Il quadro era disperato“. Però, “grazie alla cura dei nostri medici e infermieri ha iniziato a migliorare. È stato estubato. Poi non ha avuto più bisogno dell’ossigeno e se n’è andato, camminava. Quel giorno non me lo scordo“.

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