Saremo liberi dal Covid fra 7-13 mesi ma fino ad allora non possiamo allentare la presa: è il monito del virologo Fabrizio Pregliasco
Dopo oltre un anno che stringiamo i denti a causa dell’emergenza legata all‘epidemia di Covid non vediamo l’ora di gettarci alle spalle tutti i sacrifici che ci sono stati imposti per arginare la diffusione del Sars-CoV-2. Motivo per il quale in questo momento tutti si domandano quando riacquisteremo la nostra libertà: a tale quesito ha fornito una risposta, ospite ieri al talk “Agorà” su Rai 3, Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, ventilando la possibilità di un ritorno alla normalità nel medio termine: “Questa è una fase iniziale, c’è anche una problematica di sovranismo complessivo e di paura di arrivi dall’estero“. Tuttavia, “un modello matematico dell’Istituto Superiore di Sanità – ha precisato Pregliasco – evidenziava da 7 a 13 mesi come il tempo necessario per un ritorno alla normalità“. Comunque, non sarà un processo “in un senso progressivo. Perché, lo abbiamo visto fra le zone gialle e bianche, c’è subito una tendenza al liberi tutti“. Sono soprattutto le città grandi come Roma e Milano a impensierire “Come si fa a regolare il flusso rispetto alla libertà dei singoli? La difficoltà è questa – ha rimarcato Pregliasco – C’è una riduzione del 4,8% nei nuovi casi settimanali, quindi un rallentamento della velocità di crescita. Poi, con un certo ritardo, vedremo l’effetto sui ricoveri e decessi. Ma questo virus ha ormai una capacità di diffusione per cui ogni contatto è a rischio e quello che vediamo è l’effetto delle chiusure che sono un sistema di regolazione di un rubinetto di infezioni. La velocità di vaccinazione è la chiave per scappare da questa sofferenza che è socialmente sempre meno accettabile”.
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Tuttavia, ha puntualizzato il virologo, “ci sono scarsità di vaccini e un sovranismo nazionale che cerca di tirare al massimo numero di dosi dalla propria parte”. Rispetto alla necessità di non abbassare la guardia in vista della Santa Pasqua, “non ci sono dubbi, c’è ancora necessità di forzare la mano ai cittadini. Ognuno di noi dovrebbe ridurre i contatti a quelli più o meno essenziali. I Dpcm possono far arrabbiare perché la singola disposizione può sembrare poco realistica ma si cerca di limare in una mediazione tra il bisogno di lockdown e una necessaria mediazione politica“.
A proposito delle difficoltà della campagna vaccinale in Lombardia, Pregliasco, anche componente del Cts lombardo, ha spiegato che “c’è stata di sicuro inefficienza nel sistema informatico come segnalazioni che arrivano la sera per una convocazione al mattino dopo, è giusto voler fare sempre meglio ma i guai sono anche legati alle differenti caratteristiche vaccinali e anche la scelta di precluderne alcuni per alcune fasce di età. Questo – ha chiosato – ha portato complicazione e difficoltà in un sistema che ora si è oliato“.
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