Gli effetti collaterali del vaccino anti-Covid non sono uguali per tutti ma variano in funzione dell’età, del sesso e della dose
Come qualsiasi altro farmaco, anche il vaccino contro il Covid può provocare effetti collaterali; nella stragrande maggioranza dei casi, fortunatamente, si tratta di sintomi lievi e transitori che tendono a sparire nel giro di 24-48 ore. I più comuni sono dolore al sito dell’iniezione, arrossamento/gonfiore sul braccio, affaticamento, mal di testa, dolori articolari e muscolari e febbre. Tuttavia, alcune reazioni sono la spia che il principio attivo contenuto nel vaccino sta stimolando la reazione del sistema immunitario contro l’antigene, la proteina Spike nel caso del Covid: la “via d’accesso” che l’agente virale utilizza per legarsi al recettore ACE-2 delle cellule umane, oltrepassare la membrana cellulare e iniettare all’interno della cellula il proprio RNA dando così l’avvio alla replicazione, causa scatenante dell’infezione. Comunque, non tutti i vaccinati sperimentano gli stessi effetti collaterali dal momento che entrano in gioco diversi fattori quali età, sesso, condizioni di salute, precedenti infezioni e sensibilità agli eccipienti contenuti nei flaconcini. Ad esempio, chi è allergico a una delle sostanze presenti nei vaccini è indubbiamente esposto al rischio di sviluppare una reazione allergica che può variare dalla orticaria fino allo shock anafilattico, o anafilassi, reazione allergica generalizzata che si manifesta all’improvviso e che può avere un esito mortale se non prontamente trattata. Non a caso tutti coloro che si sottopongono alla vaccinazione vengono trattenuti per almeno 15 minuti proprio perché le reazioni anafilattiche immediate.
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Gli anziani sono meno esposti la rischio degli effetti collaterali
La prima discriminante è rappresentata dalla pregressa infezione da Covid: chi ha già contratto la COVID-19 solitamente sperimenta sintomi più intensi dopo la prima dose, visto che il contagio ha indotto già una prima risposta immunitaria, ragion per cui la prima dose ha l’effetto di richiamo o boost, mentre nei soggetti che non sono mai stati esposti al virus è normalmente la seconda dose a provocare i sintomi più intensi. Non è un caso che brividi e dolori muscolari siano stati segnalati soprattutto da chi ha ricevuto la seconda dose di vaccino durante i trial clinici. Lo studio “Robust spike antibody responses and increased reactogenicity in seropositive individuals after a 2 single dose of SARS-CoV-2 mRNA vaccine”, coordinato dagli scienziati della “Icahn School of Medicine at Mount Sinai” di New York, ha indicato che i tre quarti di chi aveva avuto la COVID-19 ha accusato effetti collaterali dopo la prima dose con un vaccino a mRNA contro il 66% di coloro che non erano mai stati contagiati dal virus.
I più giovani hanno maggiori probabilità di sperimentare sintomi più virulenti rispetto agli anziani dato che col trascorrere degli anni il sistema immunitario diventa meno reattivo, ragion per cui la reazione determinata dall’inoculazione del vaccino può risultare più blanda in chi è più anziano. A conferma, dopo una singola dose del vaccino di Moderna circa il 60 percento di chi aveva meno di 65 anni ha sperimentato effetti collaterali rispetto al 48 percento degli over 65. Dopo la seconda dose gli effetti collaterali sono stati sperimentati dall’80 percento circa dei giovani e dal 70 percento dagli anziani.
Quanto al genere, le donne hanno maggiori probabilità di accusare effetti collaterali rispetto agli uomini a causa della diversa configurazione ormonale. Gli estrogeni, come specificato dal dottor Vivek Cherian, sono ormoni che tendono a stimolare la reazione immunitaria mentre gli androgeni come il testosterone hanno proprietà immunosoppressive. Forse proprio questa differenza ormonale è alla base del rischio sensibilmente maggiore per gli uomini di sviluppare complicazioni potenzialmente fatali della COVID-19.
Infine, i soggetti affetti da patologie che deprimono il sistema immunitario hanno minori probabilità di manifestare effetti collaterali proprio perché presentano una risposta immunitaria indebolita. In questa categoria possono essere annoverati, ad esempio, i malati di cancro che seguono cicli di chemioterapia.
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