Un’infermiera malata di tumore confidava nella madre naturale per potersi salvare. Ma la donna non ha voluto saperne.
Da quando l’emergenza Covid ha fatto ingresso nelle nostre vite, ci siamo, talvolta, dimenticati che in tutto il mondo, ogni giorno, migliaia di persone continuano a morire anche per altre patologie. Daniela Molinari ha 47 anni, fa l’infermiera e ha due bambine. Daniela, purtroppo, come milioni di persone, lotta contro il cancro. La donna – spiega la Repubblica – appena nata è stata abbandonata dalla madre all’orfanotrofio delle suore di Rebbio, a Como. Non ha mai conosciuto colei che l’ha partorita ma ora il destino ha fatto sì che Daniela, per salvarsi, abbia assolutamente bisogno di sua madre. Infatti la neoplasia da cui è affetta non risponde alle cure tradizionali, pertanto i medici le hanno proposto di ricorrere a una terapia sperimentale. Ma occorre la mappa genetica di almeno uno dei genitori. Per questo motivo Daniela si è mossa per ritrovare la sua vera madre ricorrendo sia agli archivi dell’ospedale nel quale è stata partorita sia ad appelli attraverso quotidiani locali e nazionali.
E, passo dopo passo, la madre biologica dell’infermiera è stata rintracciata. Nel 1973, quando la donna partorì, scelse di non far trascrivere il proprio nome nei documenti e fece cancellare tutti i dati sanitari. Tuttavia, la Procura per i minorenni di Milano, a cui Daniela Molinari si era rivolta nei mesi scorsi, ha appurato che negli archivi dell’ospedale Sant’Anna di San Fermo della Battaglia esisteva la cartella clinica contenente l’originale dell’atto di nascita e lì il nome compariva. Una volta rintracciata, la madre di Daniela ha spiegato di essere già al corrente del fatto che la figlia la stesse cercando ma di non avere alcuna intenzione di aiutarla. Sebbene si tratterebbe solo di un banale prelievo del sangue svolto in forma anonima. Daniela, sconsolata, ha spiegato: “Si rifiuta di sottoporsi a quel prelievo, nonostante abbia ricevuto ogni garanzia possibile sul fatto che potrà mantenere l’anonimato. Ha comunicato che per lei è troppo doloroso ricordare quel periodo della sua vita“.
Daniela ha specificato di non volere nulla dalla madre, di non chiederle neppure d’incontrarsi: la donna dovrebbe, semplicemente, sottoporsi alle analisi del sangue e poi tornarsene a casa propria dimenticandosi di tutto e tutti. Ma, essendo la donna perfettamente in grado d’intendere e volere, non può essere in alcun modo costretta a sottoporsi al prelievo ematico se non vuole. Sarebbe una grave violazione del diritto alla privacy sebbene questo potrebbe significare condannare la figlia alla morte. L’infermiera 47enne, in preda al dolore e al terrore di lasciare orfane le sue bambine, ha rilanciato il suo appello attraverso il quotidiano la Provincia di Como: “Mi chiedo come tu ti addormenti la sera – vi si legge – come fai a vivere sapendo che hai negato senza possibilità di ripensamento la cosa che ti è stata chiesta: un prelievo di sangue in totale anonimato organizzato secondo le tue regole e la tua volontà, che non andrebbe a cambiare nulla della tua situazione di vita attuale, perché nessuno saprebbe, e che a me invece consentirebbe di far crescere la mia bambina che ha solo nove anni e ha il diritto di avere al proprio fianco la sua mamma”.