Una tragedia per una giovane mamma ucraina. La figlia salvata da un’altra donna: una donna russa.
Orrore a Napoli: una ragazza ucraina è sopravvissuta alla guerra per trovare la morte in Italia, esattamente coma la mamma crollata sotto gli occhi dei due figli a Roma. Questa volta la vittima è morta per mano dell’uomo che diceva di amarla. Si chiamava Anastasiia Bondarenko e aveva appena 23 anni.
Il suo assassino Dmytro Trembach, di 26 anni, soprannominato Dyma. L’uomo ha letteralmente bruciato viva la sua fidanzata per poi darsela a gambe e rifugiarsi in un paese poco distante dal capoluogo campano: forse sperava di riuscire a lasciare l’Italia prima di essere trovato dalla Forze dell’Ordine. Per fortuna così non è stato: dopo qualche giorno è stato messo in manette ad Acerra e incastrato da diverse testimonianze. Il dramma si è consumato nel primo pomeriggio del 10 marzo: quando i Vigili del Fuoco, chiamati da una vicina, sono arrivati sul posto, per la 23enne non c’era più niente da fare: era già morta carbonizzata. Chi, invece, è riuscita a salvarsi la figlia della donna: una bambina di 5 anni. La piccola è stata messa in salvo da una vicina di casa di nazionalità russa, la 60enne Olena Donchak. La donna ai Carabinieri ha raccontato: “La bambina è salita su da me urlando: nonna Olena, salva mia mamma! Io le chiedevo nella sua lingua, perché parlo anche ucraino: che cosa sta succedendo? E lei continuava a urlare: corri, corri, salva mia mamma!”. Mentre la 60enne scendeva le scale tenendo per mano la bimba, sentiva Anastasiia urlare, implorare di aprire, di farla uscire, di non lasciarla morire bruciata. La ragazza era imprigionata nella cabina della doccia: l’uomo ha aspettato che entrasse lì per appiccare il fuoco. Incurante che in casa ci fosse anche sua figlia.
Inizialmente nessuno sospettava che a provocare la tragedia fosse stato il compagno della vittima. i Carabinieri, in prima battuta, pensavano si fosse trattato di un incidente. Solo nei giorni successivi i Vigili del Fuoco, grazie alle loro apparecchiature, hanno scoperto che nell’appartamento c’era una concentrazione anomala di idrocarburi: la prova che l’incendio era stato appiccato da qualcuno. Le indagini hanno subito condotto al compagno della 23enne morta. Il 26enne è stato descritto da tutti come un perdigiorno, senza un lavoro fisso e solito a bere. Il suo stesso padre, interrogato dai Carabinieri, ha dichiarato: «Mio figlio Dyma ha un carattere freddo, superficiale, menefreghista». Talmente menefreghista da fuggire senza mettere in salvo nemmeno la bambina. Durante la fuga, però, Dyma – nascosto dal cappuccio della felpa calato sul volto – è stato visto e riconosciuto da una condomina.
Dopo essere stato rintracciato e messo in manette l’uomo ha cercato di scarcare la responsabilità dell’accaduto su un connazionale. Infine ha negato anche di conoscere la vittima. Ad incastrarlo, oltre alle diverse testimonianze, una foto sul cellulare, due mani intrecciate con gli anelli: poco prima di uccidere la sua fidanzata, le aveva chiesto di sposarlo. Secondo gli inquirenti il movente del 26enne potrebbe essere stata la volontà di Anastasiia di lasciarlo nonostante la recente proposta di matrimonio. Ciliegina sulla torta che ha fatto crollare ogni alibi dell’uomo due messaggi inviati alla madre della fidanzata. Nel primo – il giorno antecedente alla tragedia – scriveva: “Puttana, non vedrai più tua figlia“. Mentre nel secondo, a poche ore dalla morte di Anastasiia, Dyma scriveva alla madre della vittima: “Io ho bruciato Anastasiia. Puoi comprare i fiori per il funerale“. Nemmeno i legali della difesa hanno osato opporsi alla convalida del fermo nei confronti di Dyma.