Un’altra vittima del lavoro. Un altro nome da aggiungere a quell’infinita serie che dà vita a una Spoon River agghiacciante.
Arriverà mai un giorno in cui tutti coloro che sono usciti per andare a lavorare, torneranno, tutti, nelle loro case?Morire è già di per sé una bella fregatura. Quando però si muore compiendo il proprio lavoro, con passione e professionalità, monta soltanto un’inarrestabile rabbia. Una rabbia che si ripete, una, dieci, cento volte fino a mille…Inaccettabile.
Un altro nome si aggiunge alla lista, italiano o straniero, poco importa. E’ un’altra giovane vita che se ne va lasciando dolore e disperazione in chi resta. Passerà tutto in un attimo, fino a quando non si registrerà un’altra vittima del lavoro e si dovrà aggiornare il computo.
Un’altra vittima del lavoro. Fino a quando?
28 aprile. Non è una data come le altre, è “una giornata particolare” perché è La Giornata internazionale dei lavoratori, dedicata alla memoria dei lavoratori che sono morti o rimasti feriti, disabili e malati a causa del lavoro. Si celebra in tutto il mondo poiché è un dramma che colpisce tutto il mondo. E in Italia sembra diventata un’annuale mattanza.
Tra il 1914 e il 1915 il poeta americano Edgar Lee Master ha pubblicato la sua antologia di poesie intitolata Spoon River, dal nome di una cittadina immaginaria. Qui ha “immaginato” i suoi abitanti e li ha raccontati, creando per ciascuno di loro, un epitaffio, per un poetico cimitero di inenarrabile bellezza. Lo stesso dovrebbe avvenire per tutti coloro che riposano in pace a causa del loro lavoro.
Bruno, Hassan, Andrea fino all’ultimo, finora, di nome Andrei. Sono loro la nostra Spoon River più inaccettabile. L’anno che si è appena concluso ha fatto registrare un numero spaventoso di morti sul lavoro: 1006. Sembrano davvero le vittime di quella che George Orwel ha definito, purtroppo magnificamente, come i caduti di un “conflitto minore”. In quel caso specifico si rivolgeva ai tanti “caduti” all’interno delle miniere inglesi.
Tre morti al giorno vuol dire soltanto che l’Italia è, più che altro, una Repubblica fondata sul lavoro…eterno. Il luogo di lavoro che diventa, sempre più spesso, “l’ultimo luogo”. Ed il luogo di lavoro è stato l’ultimo luogo anche per Andrei Perepunjnii, l’ennesima vittima i questa carneficina. Un giovane che lascia nel dolore una moglie e una bimba piccola. Dove e come è avvenuta questa ennesima tragedia?
La tragedia in una cava
Il teatro della tragedia che ha coinvolto Andrei Perepunjnii è stato la cava Le Bandie di Spresiano, in provincia di Treviso, come ci informa leggo.it. Secondo le prime ricostruzioni sull’accaduto, il giovane sarebbe rimasto agganciato al nastro trasportatore e sarebbe poi finito sotto una montagna di ghiaia.
Conoscere nel dettaglio le modalità che hanno portato alla morte Andrei Perepunjnii è qualcosa che attiene gli inquirenti. Noi non possiamo far altro che aggiungere un’altra croce ed un altro nome, in quel cimitero di donne e uomini morte mentre erano sul posto di lavoro. Il loro ultimo posto su questa terra.