L’OceanGate Expeditions potrebbe chiudere i battenti, i famigliari delle vittime del Titan coinvolgono gli avvocati.
Quanto accaduto si poteva evitare? Il sovraintendente della Royal Canadian Mounted Police – Kent Osmond – si sta interrogando proprio su tale quesito. Una squadra di investigatori si sta occupando del caso e soprattutto delle dinamiche antecedenti alla fantomatica immersione del Titan. Secondo le testimonianze degli ingegneri navali della OceanGate infatti, sembra che gli esperti avessero sensibilizzato il CEO Stockton Rush riguardo i possibili rischi associati alla spedizione.
Nonostante le ripetute raccomandazioni, quest’ultimo avrebbe deciso di procedere comunque nel perseguimento dell’obiettivo, condannando a morte certa altre quattro persone. Ricordiamo che sul sommergibile si trovavano anche il pilota della marina francese Paul-Henry Nargeolet, Hamish Harding, Dawood e suo figlio 19enne.
Considerando la negligenza della società in merito alla tutela dell’incolumità dei passeggeri – accompagnata dall’impulso superficiale di voler procedere con l’immersione a tutti i costi – i famigliari delle vittime potrebbero decidere di intentare una causa per omicidio colposo.
Titan, proseguono le indagini da parte della Royal Canadian Mounted Police
I punti principali, che hanno fornito la base delle accuse da parte dei famigliari delle vittime, sono fondamentalmente due: negligenza ed eccessiva lentezza rispetto alla segnalazione dell’anomalia alla Guardia Costiera statunitense. Riguardo il primo punto, di fondamentale importanza è la testimonianza di Brian Weed, cameraman di Discovery Channel invitato a partecipare alla spedizione.
Sembra infatti che quest’ultimo avesse percepito un atteggiamento “spregiativo” da parte del CEO della OceanGate e soprattutto una mancanza di considerazione rispetto ad un test di immersione rivelatosi fallimentare. Conseguentemente Weed decise di rinunciare al progetto.
Riguardo infine al secondo punto, è importante sottolineare di come l’OceanGate Expetitions sia responsabile di aver atteso ben otto ore prima di procedere alla segnalazione alla Guardia Costiera statunitense. La mancata tempestività di reazione ha dunque sfavorito la prima fase di ricerca, rallentando inevitabilmente le azioni di soccorso delle autorità navali. Nonostante questo, un dettaglio – considerato solo a posteriori – potrebbe annullare qualsiasi azione legale da parte dei famigliari delle vittime.
Prima di procedere con la spedizione, i cinque passeggeri del Titan firmarono un documento di accettazione dei rischi legati all’immersione, svincolando dunque l’OceanGate da qualsiasi tipo di responsabilità. Secondo quanto dichiarato dagli inquirenti, sembra che – solo sulla prima pagina – la parola “morte” sia stata menzionata ben tre volte.