In seguito all’attacco di Hamas contro Israele, il conflitto tra la nazione e la Palestina è tornato al centro dell’attenzione mondiale.
L’attacco del Movimento di Resistenza Islamico, noto come Hamas, ha avuto inizio all’alba dello scorso 7 ottobre. L’obiettivo, portato avanti fin dalla sua fondazione negli anni ’80, è quello di dare vita ad uno Stato islamico in Palestina, riportando il territorio alla configurazione precedente l’esodo ebraico nell’area e il Mandato britannico.
Il conflitto tra Israele e Palestina, infatti, affonda le sue radici nel XIX secolo. All’epoca la popolazione ebrea si è ritrovata a fare i conti con un antisemitismo sempre più esacerbante, che ha portato allo sviluppo di un movimento sionista che sosteneva la necessità di fondare uno Stato ebraico. Così hanno avuto inizio le prime migrazioni verso la Palestina, spinte ulteriormente dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Il territorio, ben presto, è diventato una terra contesa tra la comunità ebraica e quella araba. Le tensioni sono aumentate in seguito al Mandato britannico, che ha stabilito una divisione dell’area (per il 55% allo Stato ebraico e per il 44% a quello arabo, con Gerusalemme designata come zona internazionale).
L’inizio della questione palestinese
A poco è servito il Patto di partizione della Palestina, approvato nel 1947 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’intento era quello di porre fine alle rivendicazioni e ai conflitti tra comunità ebraica e araba. Quest’ultima, fin da subito, ha espresso il suo dissenso all’imposizione di dover cedere parte del territorio che abitava da secoli.
Con il passare del tempo, inoltre, lo Stato ebraico si è espanso sempre più, inglobando nuovi territori. Le tensioni hanno portato allo scoppio di accesi conflitti. La prima Intifada risale al 1987, termine che può essere tradotto dall’arabo con “rivolta”: la popolazione palestinese, infatti, ha protestato a gran voce contro il predominio dello Stato ebraico.
Nel 1993 la comunità araba è insorta nuovamente in una seconda Intifada. Proprio in questo periodo (per la precisione in seguito allo scoppio della prima rivolta) il Movimento di Resistenza Islamico ha visto luce. Hamas è nato con la volontà di “liberare” la Palestina a tutti i costi e, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000, è stato il responsabile di numerosi attacchi nei confronti di Israele.
L’attacco di Hamas e la risposta di Israele
La Palestina, nel frattempo, si è trasformata in un territorio in cui le tensioni sembrano non finire mai. In particolare la Striscia di Gaza, area di fondamentale importanza geopolitica, abitata prevalentemente dalla comunità araba, vittima da anni di persecuzione. In questi giorni, il dibattito internazionale è tornato a focalizzarsi sulle tensioni che, ormai da tempo, segnano la nazione.
Come spiegato all’inizio dell’articolo, Hamas ha bombardato Israele con razzi provenienti proprio dalla contesa Striscia di Gaza. I militanti, inoltre, sono entrati a sud dello Stato con un attacco a sorpresa. La risposta da parte della nazione ebraica non ha tardato ad arrivare e, nelle scorse ore, è giunto l’ultimatum ai palestinesi di lasciare Gaza, segnando l’inizio di un vero e proprio esodo.
Hamas, da parte sua, ha invitato la comunità a non abbandonare il territorio, incitando i cittadini a ribellarsi alla “disgustosa guerra psicologica condotta dall’occupazione”. E mentre il conflitto si fa ogni giorno più acceso, il Movimento ha indetto il Global Day of Jihad il 13 ottobre, riconosciuto come “venerdì dell’alluvione di Al-Aqsa”.
La proclamazione del Global Day of Jihad
Il termine fa riferimento all’operazione di Hamas, iniziata proprio con il lancio di razzi e l’attacco dei militanti ad Israele. Uno dei leader del Movimento di Resistenza Islamico, Khaled Meshal, in un video ha definito il 13 ottobre come “un giorno di mobilitazione generale del nostro mondo arabo e islamico e anche tra i popoli liberi del mondo”.
Il venerdì dell’alluvione di Al-Aqsa è stato indetto con l’intento di “denunciare i crimini dell’occupazione, per isolarla e per sventare i suoi piani aggressivi”. Una giornata dedicata a “sacrificio, eroismo e dedizione” e, soprattutto, alla difesa della Palestina. La comunità internazionale e, in particolare, diversi Stati europei hanno risposto all’appello con tentativi di fermare qualsiasi manifestazione a favore della popolazione araba.
È il caso di Germania e Francia. A Berlino, sono stati imposti fermi ad associazioni come Samidoun che, in seguito all’attacco di Hamas, stava celebrando la resistenza palestinese. Lo stesso è accaduto a Parigi, dove sono stati vietati cortei. Anche la Gran Bretagna ha intrapreso misure in tal senso, impedendo ogni manifestazione pubblica di supporto alla comunità araba.