La Repubblica Democratica del Congo sta affrontando una crisi umanitaria senza precedenti. Il numero degli sfollati interni ha raggiunto i 6,9 milioni.
L’International Organization for Migration (OIM) ha lavorato alla raccolta di dati relativi alla crisi umanitaria che sta interessando la Repubblica Democratica del Congo. In base a quanto emerso, il numero di sfollati interni è arrivato a 6,9 milioni di persone, costrette ad abbandonare le loro case per via delle tensioni sempre più accese nel Paese.
Come affermato dal capo missione dell’OIM nel territorio, Fabien Sambussy, non si tratta certamente di una novità. La Repubblica Democratica del Congo, in questi decenni, ha conosciuto un’escalation di violenze che, nell’ultimo periodo, ha portato ad un esito senza precedenti. Il Paese sta vivendo un conflitto in cui, giorno dopo giorno, aumentano le brutalità.
Ad essere maggiormente colpito dalla crisi è l’est della nazione. In particolare, a partire dal mese di ottobre, sono aumentate le tensioni nei pressi di Goma. Si tratta del capoluogo del Nord Kivu, provincia nota per essere ricca di risorse naturali. Dal coltran al carbone, dall’oro ai diamanti, senza tralasciare nichel, rame e avorio: non sorprende che nell’area, nel corso degli anni, si siano susseguiti disordini, traffici illegali e violazioni dei diritti umani.
Repubblica Democratica del Congo, il conflitto tra i ribelli del Movimento 23 marzo e l’esercito per il controllo delle risorse
Proprio vicino a Goma, nelle scorse settimane, il Movimento 23 marzo si è scontrato con l’esercito del Paese. Gli attacchi dei ribelli, che hanno ripreso le loro attività alla fine del 2021, sono la principale causa all’origine degli spostamenti di migliaia e migliaia di cittadini. Già in passato il gruppo armato aveva attirato l’attenzione della comunità internazionale per via delle violenze compiute nei confronti della popolazione congolese.
L’M23, in base alle fonti, avrebbe il supporto del Ruanda e punterebbe ad accaparrarsi le numerose risorse nell’est dell’RDC. Gran parte degli sfollati interni, come riportato dall’OIM, proviene dal Nord Kivu, ma anche dal Sud Kivu, dall’Ituri e dal Tanganica. Stiamo parlando dell’81% (ossia 5,6 milioni di persone) sul totale dei cittadini obbligati a lasciare le proprie abitazioni per sfuggire al conflitto.
La situazione ha iniziato a farsi sempre più drammatica dallo scorso giugno. Quella che viene descritta a tutti gli effetti come una guerra senza fine – che affonda le sue radici nella stessa storia del Paese – è tornata in auge con risultati mai visti prima. Sono stati realizzati oltre 3 mila rifugi di emergenza e l’OIM, in questi mesi, si è impegnato per sostenere i cittadini colpiti dal conflitto.
Le elezioni imminenti in un Paese segnato dalle violenze
Nel frattempo, il Congo – da sempre alle prese con l’operato di regimi politici corrotti – si prepara per le elezioni che si terranno il prossimo 20 dicembre. Sono sei i candidati alla presidenza, i quali non hanno esitato ad esprimere le loro preoccupazioni in merito al tema della trasparenza.
È stata presentata una richiesta alla Commissione Elettorale Nazionale Indipendente nella quale si domanda la pubblicazione delle liste elettorali nelle diverse sedi del Paese. Le richieste dei candidati si legano anche al fatto che la Ceni sia presieduta da Dénis Kadima Kazadi, di cui è nota la vicinanza a Félix Tshisekedi. Quest’ultimo è l’attuale presidente dell’RDC, vincitore delle elezioni del 2018 tra accuse di manomissioni e anomalie.
Nonostante le contestazioni, all’epoca, la sua presidenza ha trovato la conferma della Corte Costituzionale congolese. Tshisekedi si è ricandidato in occasione del 20 dicembre e il sospetto che possa ripetersi quanto accaduto cinque anni fa ha spinto i suoi rivali ad appellarsi alla stessa popolazione, nella speranza che le sedi di voto vengano supervisionate con una particolare attenzione.