C’è perfezionista e perfezionista. Non tutti quelli che non si accontentano mai sono uguali, tutti però rischiano grosso.
Non accontentarsi mai, essere perennemente insoddisfatto: è l’amaro destino del perfezionista. Del resto un motivo ci sarà se, come dicono due celebri proverbi, «l’ottimo è il nemico del bene» e «chi troppo vuole, nulla stringe». Il motivo è chiaro: andando all’affannosa ricerca di un’utopica perfezione rischiamo di raggiungere l’esatto opposto dell’agognato obiettivo, finendo per rimanere con il classico pugno di mosche in mano.
Porsi obiettivi troppo ambiziosi, alzare sempre l’asticella, accampare pretese eccessive su di noi e sugli altri è una ricetta buona solo per rendersi infelici. Lo sapeva bene Giacomo Leopardi quando metteva in guardia chi corre dietro a grandi felicità perché chi «non ottiene quel grande e difficile scopo che si propone vivrà sempre cruccioso, ansioso, senza godimenti, e in vece della gran felicità ritroverà una continua infelicità».
Un conto insomma è la tendenza al perfezionamento, che spinge a migliorarsi ma sa bene che “la” perfezione non è di questo mondo, un altro è il perfezionismo che porta a non dare limiti alla ricerca del perfetto, come se fare del proprio meglio non fosse mai abbastanza. Non tutti i perfezionisti però sono uguali.
Scopri che tipo di perfezionista sei e perché non ti accontenti mai
Secondo gli psicologi ci sono almeno tre categorie di perfezionisti, accomunati dal fatto di pretendere troppo. Di base il perfezionista impone standard elevati a tutto e a tutti, arrivando a punire – e a autopunirsi à – chi non è all’altezza, moltiplicando i controlli e le regole per ottimizzare i risultati, per non parlare delle critiche continue e via dicendo.
Il primo tipo di perfezionista è quello “autodiretto”, ovvero la persona che pretende troppo da se stessa e può arrivare a sviluppare ansia, depressione, bassa autostima, anoressia nervosa. C’è poi il perfezionista “orientato agli altri” che, inutile dirlo, pretende troppo invece dagli altri e arriva a colpevolizzarli con critiche continue se non si dimostrano all’altezza.
Infine abbiamo il perfezionista “socialmente prescritto”. Questo soggetto è convinto che siano gli altri a pretendere troppo da lui e a coltivare aspettative grandiose sul suo conto. Perciò è ossessionato dal giudizio altrui e vive nella paura di deludere le attese, costantemente preoccupato dal fallimento. Una convinzione che, come è facile capire, può portare a rabbia, ansia e depressione.
Rigidità, controllo maniacale, ipercritica (verso sé e verso gli altri), paura patologica del fallimento. Comunque vada, il perfezionismo significa una cosa sola: stress distruttivo. In casi come questi un percorso di terapia può aiutare ridimensionare le pretese eccessive del perfezionista andando a lavorare su standard personali più realistici o a ridurre la paura del giudizio altrui.