Tadej Pogacar sta marchiando a fuoco il Giro d’Italia. Non occorreva un grande sforzo di fantasia per prevederlo. Eppure il fenomeno sloveno sta superando le più ‘rosee’ aspettative.
Maggio è l’esplosione della primavera. I fiori di pesco di ‘battistiana’ memoria con il loro colore e profumo fanno da sfondo a strade e giardini quasi annunciando la lieta novella: l‘arrivo del Giro d’Italia.
Per tre settimane una coinvolgente, emozionante, affascinante, e sempre imprevedibile, macchia rosa colora la nostra penisola. Viene solitamente definita la Carovana rosa. In realtà è il mondo delle ‘due ruote’ che si sposta chiedendo un cortese ‘passaggio’ alle ‘quattro ruote’ fatte di Tir, camion, furgoni, auto.
Una moltitudine di atleti e professionisti vari attraversa regioni e città regalando, quotidianamente, un’emozione grandiosa: la tappa. Il 4 maggio 2024 è iniziato il Giro d’Italia numero 107. Un evento sportivo che travalica le montagne e lo sport stesso. Il ciclismo ‘scollina’ lo sport. È oltre. È altro.
Il Giro d’Italia, più di qualunque altro evento sportivo, ha raccontato la storia del nostro paese. Ne ha intravisto i cambiamenti, quasi annusandoli lungo strade e stradine e poi annunciandoli in anteprima. Il Giro d’Italia ha attraversato le vite di intere generazioni. Ha fatto conoscere storie quotidiane e persone meravigliosamente normali.
Il ciclismo, sport di squadra in grado di esaltare, come nessuno, il campione assoluto.
Tadej Pogacar, il nuovo ‘cannibale’
La voce ‘televisiva’ del ciclismo è stato Adriano De Zan. Per decenni ha raccontato le imprese dei più grandi campioni di questo sport. Anche del più grande in assoluto: Eddy Merckx, ‘il cannibale’ belga.
Il ciclismo di questi ultimi anni ha portato alla ribalta un ‘novello cannibale’, dal volto gentile e dallo stile incomparabile. Si chiama Tadej Pogacar. Arriva dalla Slovenia. Non ha ancora 26 anni, ma può già vantare un palmares impressionante.
Viaggiando a memoria si possono ricordare 2 Tour de France, 2 Liegi-Bastogne-Liegi, 3 Giri di Lombardia, 2 Tirreno-Adriatico, e poi ancora Giro delle Fiandre, Amstel Gold Race e Freccia Vallone. Ed altro ancora. Pogi, questo il suo soprannome, riesce a primeggiare ovunque. Pianura e salita per lui pari sono.
Fortissimo anche nelle gare contro il tempo, dove riesce a sprigionare al meglio una straordinaria potenza unita ad una leggiadra eleganza. La storia del ciclismo, però, nasce sulla montagna ed è quando la strada inizia a salire che si sono scritte le pagine più belle di questo sport.
Tadej Pogacar, soltanto in questo Giro, ne ha già scritte un paio di memorabili. Il Santuario di Oropa, dove ogni granello di asfalto rilascia il ricordo indelebile di Marco Pantani e di una delle più mitiche imprese del ciclismo, datata 1999, è stato il traguardo finale di un’altra grande impresa del fenomeno sloveno.
È poi arrivato il trionfo di Livigno, uno scatto, ‘una rasoiata’ a tredici chilometri dall’arrivo che annichilito gli avversari ed esaltato il pubblico disposto lungo il percorso. La tappa del Mortirolo, la ‘montagna Pantani’. Un’altra giornata di grande ciclismo, che va presa e conservata nella storia del ciclismo.
Ma, forse, senza che nessuno se ne sia accorto, siamo già all’interno di una leggenda Quella di Tadej Pogacar.