Un dolce amato da Mazzini, una storia curiosa e una ricetta da riscoprire. Cosa c’entra la cucina con il Risorgimento?
Esistono dolci che raccontano storie, e poi c’è questa torta, legata a uno dei personaggi più iconici del Risorgimento. Vi siete mai chiesti cosa amava mangiare Giuseppe Mazzini nei suoi momenti di pausa tra una cospirazione e l’altra? Pare che avesse un debole per una torta particolare, tanto da scriverne alla madre mentre era in esilio. Ma di che dolce si tratta? E soprattutto, perché proprio lui ne era così ghiotto?

Già, perché quando si pensa a Mazzini, viene in mente l’uomo serio, impegnato nella causa dell’unità d’Italia, non certo un buongustaio. E invece, tra piani rivoluzionari e lettere appassionate, trovava il tempo di parlare anche di cucina. Immaginate la scena: è lontano da casa, nascosto in Svizzera, ma il pensiero torna ai sapori dell’infanzia. A tal punto che chiede alla madre di provare una ricetta che gli sta particolarmente a cuore. Ma che dolce era così speciale da meritare un posto nei suoi scritti?
Il sapore del Risorgimento in un morso
Giuseppe Mazzini, il grande rivoluzionario, esule e clandestino in Svizzera, lontano dall’Italia che sognava unita. Un uomo sempre in movimento, tra un complotto e l’altro, che però trovava il tempo di scrivere alla madre non solo di politica, ma anche di cucina. E non per caso, ma con un desiderio ben preciso: farsi mandare una torta. Sì, proprio lui, il patriota serio e instancabile, aveva un debole per un dolce che gli ricordava casa. Nelle sue lettere, tra una riflessione amara sugli svizzeri e le loro simpatie altalenanti, infilava anche una ricetta, scritta di fretta, tradotta male dal francese, ma con la premura di chi vuole che venga fatta alla perfezione. Come se quel sapore potesse riportarlo, almeno con la mente, alla sua Genova.
Ma cos’aveva di tanto speciale questa torta da meritarsi un posto nelle lettere di un uomo che lottava per un’Italia libera? Non era certo un dolce appariscente, niente creme sontuose né decorazioni elaborate. Anzi, aveva un aspetto modesto, marroncino, senza fronzoli. Eppure, al primo morso, rivelava una combinazione perfetta tra dolcezza e acidità, con il limone che esaltava il sapore delle mandorle e la consistenza soffice che si scioglieva in bocca. Non era un dolce banale, perché sotto quell’apparenza semplice c’era qualcosa di sorprendente, come accade spesso nelle cose migliori della vita. Un dolce che sapeva di casa, ma anche di viaggio, di nostalgia e di speranza.

Mazzini, che nel frattempo si nascondeva a Grenchen, non se la passava poi così male. Ospite in uno stabilimento termale, cercava di sfuggire alla sorveglianza delle autorità svizzere, sempre più infastidite dalla sua presenza. Gli Austriaci premevano perché venisse espulso e, alla fine, la Svizzera cedette. Ma prima di dover cambiare di nuovo rifugio, tra una riflessione sulla politica europea e il suo sogno di un’Italia unita, c’era spazio per un pensiero più dolce: la torta. E così, in una delle sue lettere, scrisse alla madre:
“Prima di dimenticarmi, voglio mantenere la mia promessa. Eccovi la ricetta che vorrei faceste e provaste, perché a me piace assai, traduco alla meglio, perché di cose di cucina non m’intendo, ciò che mi dice una delle ragazze in cattivo francese: Pelate e pestate fine fine tre once di mandorle, tre once di zucchero fregato prima ad un limone, pestato finissimo. Prendete il succo di un limone, poi due gialli d’uovo, mescolate tutto questo e muovete, sbattete il tutto per alcuni minuti, poi sbattete i due bianchi di uovo quanto potete: “en neige”, dice essa, come la neve, cacciate anche questi nel gran miscuglio, tornate a muovere. Ungete una “tourtiere”, cioè un testo da torte, con butirro fresco, coprite il fondo della tourtiere con pasta sfogliata, ponete il miscuglio nel testo, su questo strato di pasta sfogliata, spargete sopra dello zucchero fino e fate cuocere il tutto al forno”.
Ma com’è fatta questa famosa Torta Mazzini? Non aspettatevi un dolce sontuoso o decorato in modo elaborato. È una torta dalla struttura semplice, senza fronzoli, proprio come il suo ispiratore.
Se volete provare anche voi a immergervi nei gusti di Mazzini, ecco come fare.
Ingredienti:
- 1 rotolo di pasta sfoglia
- 100 g di mandorle pelate
- 80 g di zucchero semolato
- 2 uova
- Succo e scorza grattugiata di 1 limone biologico
- Un pizzico di sale
- Zucchero a velo per guarnire

Preparazione:
- Accendete il forno a 180°C, modalità statica, e lasciate scaldare bene.
- Stendete la pasta sfoglia in una tortiera da circa 22 cm di diametro, bucherellando il fondo con una forchetta.
- Tritate finemente le mandorle, meglio se con un mortaio, per mantenere una consistenza leggermente granulosa.
- Separate i tuorli dagli albumi e montate i tuorli con lo zucchero fino a ottenere una crema chiara e spumosa.
- Aggiungete le mandorle tritate, il succo e la scorza di limone, mescolando con delicatezza.
- Montate gli albumi a neve ben ferma con un pizzico di sale e uniteli al composto, facendo attenzione a non smontarli.
- Versate l’impasto nella tortiera, livellate la superficie e spolverate con un po’ di zucchero semolato.
- Infornate e cuocete per circa 30-35 minuti, finché la superficie sarà dorata.
- Sfornate e lasciate raffreddare completamente prima di spolverizzare con zucchero a velo e servire.
Ecco fatto. Una torta semplice, ma con una storia lunga quasi due secoli. Una ricetta che ha viaggiato tra lettere e confini, testimone di un’epoca e di un uomo che, anche mentre lottava per un Paese intero, sentiva il bisogno di qualcosa di buono, di familiare. Chissà se la madre di Mazzini l’ha davvero preparata seguendo le istruzioni del figlio. E chissà se, assaggiandola, ha pensato per un attimo di averlo di nuovo accanto.